venerdì 25 ottobre 2013

Caccia al ladro (con sorpresa)




“Ma fra tante persone proprio lui dovevi scegliere?”. Anche se il giornale non lo dice, è sicuro che questa storia finisce con una ragazza che sgrida il fidanzato.

Siamo in una mattinata di fine estate del 1950. Un anziano contadino di Ottava si reca di malavoglia a Sassari per fare delle commissioni, giusto per acquistare delle botti di seconda mano e fare un saluto alla sorella. Sono le 11 e sulla città si abbatte improvvisamente un violento acquazzone. A metà del Corso l’uomo si ripara dentro il grande portone di fronte a Palazzo Civico. Pochi attimi dopo lo raggiunge un ragazzetto trafelato che ha avuto la stessa idea. I due aspettano inutilmente che il temporale allenti la pressione. Il giovane è impaziente, saluta, si sbatte contro l’anziano e si infila dentro la muraglia d’acqua. Dopo quell’inopportuno contatto fisico l’uomo istintivamente mette la mano dentro la giacca di velluto alla ricerca del portafoglio. La tasca interna è vuota, c’erano ventimila lire.

L’anziano si lancia all’inseguimento. Vede il ragazzo sgusciare in via Rosello, in strada non c’è nessun altro, sono tutti appiattiti contro i portoni a schivare i goccioloni. L’uomo è fradicio e anche se è abituato a faticare nei campi non riesce a tenere il passo del ladro. Lo perde. Per venti minuti vaga tra i vicoli di San Donato gettando l’occhio dentro ogni portone, poi si arrende e decide di andare in Questura a denunciare il furto. 

Risale in via Mercato e all’altezza del Circolo combattenti sente delle voci provenire da una porta. Dentro ci sono un ragazzo e una ragazza guancia contro guancia che rigirano nelle mani un oggetto, sembra proprio un portafoglio. Distingue solo le ombre fino a quando nel chiarore riconosce i lineamenti del borseggiatore. Il giovane si vede scoperto, con uno scatto lo strattona nuovamente e scappa. Il vecchio rimane fermo inebetito perché dalla penombra è apparso anche il volto della ragazza. Lei apre la bocca sbigottita e pronuncia uno stupefatto “Zio Cosimo!”. 

Quando scopre di essere stato derubato dalla figlia della sorella, un contadino di poche parole può fare un'unica cosa: stamparle sulla faccia un sonoro ceffone. Poi un secondo e probabilmente un terzo, tanto da attirare l’attenzione dei passanti divertiti riemersi in strada dopo la pioggia. Zio Cosimo prende sottobraccio la nipote e la porta a casa dei genitori per la ramanzina di rito. Il ladro si è dato alla macchia ma il finale della storia lo possiamo immaginare.

venerdì 18 ottobre 2013

Nozze tristi in piazza Fiume

Se nelle ultime settimane non avete frequentato il blog consiglio la lettura della prima e della seconda puntata di questa storia. Altrimenti ecco dove eravamo rimasti: siamo nel 1906, a pochi passi da Palazzo Ducale, dove sta per unirsi in matrimonio con Antonica Sanna, il giovane Vincenzo Ruiu viene pugnalato alla schiena dalla ex fidanzata. Nonostante sia in pericolo di vita, l'uomo decide di sposarsi lo stesso nell'ospedale di piazza Fiume.



Lauretta Delogu entra a San Sebastiano sfinita dalle emozioni delle ultime trentasei ore. Nello stesso momento in piazza Fiume, a pochi passi, arriva un piccolo corteo ben diverso da quello che la mattina era partito da via Sant’Eligio. Antonica Sanna, i testimoni di nozze, i familiari stretti e l’ufficiale di stato civile entrano all’ospedale per celebrare delle nozze tristi. Vincenzo Ruiu è steso supino e pallido nel terzo letto a destra in una sala della clinica chirurgica. Ha gli occhi chiusi e alterna gemiti a lunghi silenzi. I medici non si sbilanciano: è gravissimo ma se non sopraggiunge la peritonite forse ce la farà.

Il funzionario municipale celebra il matrimonio circondato da persone che piangono e sospirano. Le corsie del Santissima Annunziata appaiono ancora più cupe e buie. Vincenzo e Antonica diventano marito e moglie, il piccolino che sta per nascere quantomeno non sarà figlio di NN. I sassaresi seguono con apprensione gli sviluppi: la voce dell’agguato in via Canopolo si è sparsa in un attimo provocando una profonda emozione. In tanti si recano in piazza Fiume per vedere il ferito, i medici preferiscono vietare qualsiasi visita. In diversi commentano: ma perché la legge in questi casi non consente ai maschi di avere due mogli? Quanto dolore verrebbe risparmiato.

Il giorno dopo Ruiu vorrebbe ricevere la consorte, e si pronuncia con una smorfia quando scopre che Antonica non si è presentata. L’uomo si aggrava, al suo capezzale arrivano i professori Simula e Roth che intendono fargli una laparatomia ed esplorare la cavità addominale devastata dal coltello. Ruiu non vuole farsi ulteriormente operare. Tutti lo considerano spacciato, più volte viene dato per certo il suo decesso. Ma l’agonia continua. 

Antonica torna a trovarlo, insiste sulla necessità che vada sotto i ferri e gli propone di celebrare anche il matrimonio religioso, il prete è pronto a indossare i paramenti. Le sue suppliche si sbattono contro due “no” decisi. Purtroppo Ruiu non viene risparmiato dalla peritonite, ora il dolore è ancora più acuto e insopportabile. L’uomo viene scosso da terribili frustate nervose.

Ci vogliono quasi due settimane perché smetta di soffrire. L’autopsia viene eseguita dal dottor Romolo Repetto, davanti al giudice istruttore Dussol e all’uditore giudiziario Vincenzo Chessa. Il pugnale ha reciso l’intestino cieco, anche il chirurgo avrebbe potuto fare poco. Il medico legale scopre che l’uomo aveva anche un altro male, forse il suo destino era comunque segnato. Ma questo Lauretta non poteva saperlo. (3 - fine).

venerdì 11 ottobre 2013

Via Canopolo, Lauretta e il pugnale


(Per chi non lo ha ancora fatto, prima di andare avanti suggerisco di leggere la prima puntata di questa storia. Altrimenti ecco il riassunto: in via Canopolo, sotto Palazzo Ducale, il 2 febbraio del 1906 una donna irrompe su un corteo nuziale per pugnalare alle spalle il giovane Vincenzo Ruiu che sta per sposarsi).


Anche se è stata scattata 15 anni dopo la nostra storia,
ne approfitto per pubblicare la foto del matrimonio
dei miei bisnonni Solinas in piazza del Comune

Mentre Vincenzo Ruiu giace tra la vita e la morte sul tavolo operatorio dell’ospedale civile, la donna col pugnale fornisce piena e consapevole confessione. Come una sonnambula che si risveglia spaesata, come una fresca vedova che realizza di essere la causa del vestito a lutto. Forse a placare la sua furia è stato il passaggio come in tranche aggrappata alle guardie tra due ali di folla: quegli sguardi sbalorditi e carichi d’odio l’hanno restituita alla realtà. 

Con la polizia rivive gli ultimi due anni della sua vita. Si chiama Lauretta Delogu, ha vent’anni e abita in via Guascone Capra, uno dei pettini di Sant’Apollinare verso corso Vico. Racconta una storia vecchia come il mondo: “Vincenzo Ruiu mi fece sua fin dal Natale del 1904. Mi ha tenuto con sé con promesse continue, sfogando su di me tutte le sue brame”. Lauretta parla e piange. “Poi, quando si è stancato, mi ha mandato via come un cane rognoso”. Il rapporto, vissuto tutto nell’ombra, finisce a metà gennaio quando Ruiu le confessa, supportato dalla madre, di essersi infilato in un brutto pasticcio con un’altra donna: “La sposerò per finta, Lauretta tu rimani il mio unico vero amore”.

La situazione precipita il primo febbraio, quando la giovane amante abbandonata scopre che il giorno dopo il suo Vincenzo si sposerà per davvero. Lauretta chiama un’amica e in preda a una vampata incontenibile di rabbia pianifica la vendetta. Prende un coltello da cucina, con un mattone e una pietra pomice lo arrota trasformandolo in uno stiletto micidiale. Prova a immaginare il percorso del corteo nuziale e va a nascondersi nell’ingresso di un palazzo di via Canopolo, a un passo dalla meta, che assaporino il gusto della festa prima di piangere. Tutto va come previsto: mentre estrae il pugnale dalla schiena dell’amato, Lauretta vede la rivale crollare a terra svenuta per lo choc. Lei e il suo pancione. 

Una sola cosa, fondamentale, va storta. Al termine dell’operazione Ruiu versa in condizioni disperate, eppure chiede con un filo di voce che le nozze vengano celebrate lo stesso: questo matrimonio s’ha da fare. (2 - continua qui)

venerdì 4 ottobre 2013

Amore e sangue in via Canopolo





Questa storia mi emoziona perché si è svolta sotto la finestra della Sala stampa di Palazzo Ducale dove ho lavorato per più di un lustro. All’epoca dei fatti, più di cento anni fa, era la stanza dove Enrico Costa teneva il suo archivio delle meraviglie; prima ancora la cappella per le preghiere del Duca. Ancora oggi, che occupo un ufficio meno carico di storia, torno in questa sala tonda, mi affaccio, penso a una festa di nozze e a una persona pallida nascosta nel buio. A prestare bene l’orecchio si può sentire ancora il battito ansimante del suo cuore.

È la mattina del 2 febbraio del 1906. In via Sant’Eligio, nel nuovo quartiere delle Conce, si forma una piccola folla gioiosa. Da una delle casupole basse esce sorridente un donna vestita a festa e con una rotondità inequivocabile. Si chiama Antonica Sanna e sta incontrando il promesso sposo Vincenzo Ruiu: è il giorno delle loro nozze. Senza troppe cerimonie invitano parenti e amici e ad accompagnarli lungo la strada polverosa di Sant’Agostino verso Porta Nuova, destinazione Palazzo Ducale dove sarà celebrato il matrimonio. Lungo il percorso bambini e giovani festeggiano la coppia, qualcuno lancia battute maliziose, l’atmosfera è allegra. 

Attraversano via Arcivescovado, via Turritana, poi imboccano via Canopolo. Quando stanno per affacciarsi in piazza del Comune accade l’inimmaginabile. Dietro il portone di via Canopolo 26 è nascosta una donna: è spettinata ha gli occhi spiritati e impugna un coltello appuntito. Si lancia sul corteo, supera gli invitati, raggiunge con un salto le spalle di Ruiu e urlando lo pugnala alla schiena. Tutti gridano mentre il giovane si accascia in un lago di sangue senza neanche capire cos’è successo. La donna col pugnale scappa verso via Turritana inseguita dal fratello della sposa, il carrettiere Giuseppe Sanna, che fino a un attimo prima teneva per mano il figlio e che ha avuto la migliore prontezza di riflessi: la donna lo minaccia - “allontanati se no uccido anche te” - ma poi butta il coltello. Allora viene agguantata da Sanna che per la rabbia le mette le mani intorno al collo mentre lei si dibatte come un’indemoniata. Le guardie municipali Meliu e Madau, richiamate dalle voci, lo bloccano prima che la strozzi. 

Le condizioni di Vincenzo Ruiu sono gravi. Un medico tenta il primo soccorso in via Canopolo ma subito ordina che il poveraccio venga portato dentro Palazzo Ducale. L’assalitrice subisce lo stesso destino, ma in stato di arresto. Per un attimo si ritrovano entrambi sotto lo stesso tetto: poi il giovane viene caricato su un carro e portato velocemente all’ospedale civile di piazza Fiume; lei invece viene presa in custodia dalla Polizia e portata al commissariato. Ora bisogna capire chi è, perché ha pugnalato un uomo il giorno delle sue nozze. E soprattutto se Vincenzo Ruiu ce la farà a sopravvivere. (1 - continua qui)