sabato 23 marzo 2013

L'anno delle Ombre: 4 - Miracolo alle Conce




(Nelle puntate precedenti: nel 1943, dopo l'Armistizio, in Sardegna rimangono intrappolati migliaia di militari continentali. Molti resistono nelle file di un esercito che vive alla giornata. Altri mantengono il legame con i tedeschi passati in Corsica, altri ancora saltano il fosso e diventano "ombre". La loro situazione è anomala anche perché una norma del 1940 regala di fatto l’impunità ai militari, anche arrestati o denunciati, perché in periodo di guerra non è consentito emettere mandato di cattura o di arresto contro chi indossa una divisa. La giustizia civile ha le mani legate, soprattutto per i piccoli reati, quella militare è ancora stordita dai terremoti del 25 luglio e dell’8 settembre, non si è riorganizzata, non riesce a gestire il carico di indagini e processi. Chi finisce in manette spesso torna in libertà dopo pochi giorni). 

Il 10 marzo del 1944 il brigadiere Elio Lolli ritorna in scena in un caso che ha molte similitudini con quello del povero Mario Pinna assassinato nell'orto di Santa Maria. Gennaro Casu sta passando la notte insieme a un amico nella casetta del suo orto vicino alla fontana delle Conce. Sente dei rumori sospetti, esce dal casolare e vede un soldato che sta tagliando i suoi cavoli e li ficca dentro un sacco. Grida risoluto - “alza le mani” - ma l’uomo in grigioverde, come quello di Santa Maria, reagisce senza andare troppo per il sottile: infila la mano in tasca, estrae una bomba a mano, ne toglie la spoletta con i denti e la lancia verso il proprietario del terreno. Casu assiste impietrito alla parabola dell’oggetto. Una scarica di adrenalina lunga una vita. L’ordigno gli finisce tra i piedi ma inspiegabilmente non esplode. L’uomo rimane per un attimo come paralizzato, il soldato scappa. Casu, ancora scioccato, inizia urlare e richiama l’attenzione dell’amico rimasto nella casa. I due inseguono e acciuffano in pochi minuti il ladro di cavoli dalla bombetta facile. Arriva Lolli che conclude il lavoro e procede all’interrogatorio: il militare è un caporale di Barletta e giura di aver lanciato la bomba per difendersi dai maltrattamenti del contadino. Viene accusato di rapina e tentato omicidio e rispedito al suo reparto. Il giornale non lo dice ma alle Conce è accaduto un miracolo. (4 - continua)

Da "Folgore - foglio di campo del paracadutista italiano"

mercoledì 13 marzo 2013

La predica più veloce della storia




Nei giorni di preconclave abbiamo scoperto che diversi i cardinali cinguettano sul web. Con 140 caratteri si possono dire tante cose: i dieci comandamenti e le beatitudini, in fondo, sembrano scritti apposta per stare dentro un tweet. Ma qualcuno è stato più essenziale e in questi giorni vale la pena rievocare la sua lezione.
Padre Manzella - o meglio il Signor Manzella - era l'infaticabile e venerato missionario che nella prima metà del Novecento girò in lungo e in largo la Sardegna. La storiella che leggerete l'ho trovata su un numero speciale del settimanale diocesano Libertà (24 ottobre del 1947), pubblicato nel decennale della sue morte. L'artista Remo Branca scrisse una testimonianza che merita di essere letta per la ricchezza del linguaggio e la profondità dei ragionamenti. In più ci sono diversi aneddoti gustosi. Il più bello lo riporto testuale:
"Nell'agosto del 1932 ero a Bono. Ecco la trombetta di Manzella che chiama tutti a raccolta in piazza: deve fare un gran discorso, ma quando la gente s'è raccolta intorno a lui, sotto un alto albero, egli fa una scommessa con i ragazzi: egli scommette che non passeranno dieci minuti che tutti i ragazzi non ritornino portando o un uovo o un pane. Proprio non ricordo se assieme ai ragazzi non siamo corsi anche noi uomini a prender lo uovo, ma certo ricordo che sostò davanti a me, fra la folla che rideva, mettendomi sotto gli un cesto che s'andava colmando di ogni ben di Dio. Ridevo anch'io: - buona cena stasera! Stassera a Bono ceneranno tutti gli affamati, rispose. Infatti i paesani, colme le ceste, sapevano bene che il discorso era bell'e finito, e cominciava la passeggiata per i vicoli del paese, in cerca di coloro che soffrivano la fame ed avevano vergogna di dirlo".
Stasera ceneranno tutti gli affamati, che bella predica.




mercoledì 6 marzo 2013

Il sassarese che dichiarò guerra a Capitan Uncino




Come rendere Sassari interessante per chi, come me, ha un figlio ossessionato da Capitan Uncino. Per prima cosa suggerisco di ricordare che la nostra ridente città deve la sua esistenza proprio alle incursioni piratesche. Oggi sappiamo che non è esattamente così, ma ci piace pensare che a un certo punto i portotorresi, stanchi di sussultare alla vista di ogni nave che doppiava Punta Scorno, abbiano preferito i rassicuranti oliveti tra l’Eba giara e Silki. 

Se poi uscite a passeggio per il centro con vostro figlio, passate assolutamente in piazza Azuni. Al centro dell’area triangolare - una sorta di barca con la prua orientata verso il Golfo dell’Asinara - svetta la statua del più acerrimo nemico dei pirati mai nato nella nostra città. Il titolare del «liceo dei presidenti», il giurista che scrisse per Napoleone il Codice marittimo, nel 1816 pubblicò un durissimo trattato contro la pirateria che oggi si può leggere su Sardegna digital library. Azuni era molto preoccupato per un fenomeno che ancora in quegli anni allarmava gli abitanti delle coste isolane. I cosiddetti pirati barbareschi, principalmente tunisini, avevano da poco assaltato Orosei e fatto 150 schiavi a S.Antioco. 
Il giurista, famoso per il metodo moderno con cui riuscì ad armonizzare le diverse leggi nazionali che regolavano la navigazione, propose una ricetta semplice semplice: «un accordo tra le nazioni per portare la guerra nel cuore degli stati barbareschi», una sorta di coalizione di volenterosi ante litteram contro gli stati canaglia. Azuni usò parole durissime per descrivere l’infame mestiere che impediva la libera fruizione del mare: «Pirata essendo un che corre i mari senza incarico o consenso alcuno di autorità costituita, nel solo intento di assalire ed impadronirsi con la forza di tutte le navi che incontra sul mare, la pirateria venne ovunque assimilata all'assassino. La pirateria è meritevole dell’odio dei popoli». Anche grazie al libro, alcuni Stati come la Francia intensificarono la repressione contro i barbareschi e nel giro di qualche anno il fenomeno venne fortemente ridimensionato. Capitan Uncino fu fermato da un sassarese.
Suggerirei poi di andare nella zona di corso Vico, nella via intitolata a Francesco Cano, il concittadino che nel 1527 respinse 400 turchi dall’Asinara. Ma questa è un’altra storia.

Il link del volume "Intorno alla pirateria":  http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=214536


Pasticcieri familiari per il pirata di casa